Music meditation: Om supreme

Posted on by absentha

Qualche anno fa dopo una mostra di Alva Noto all’Hangar Bicocca della Fondazione Pirelli di Milano, mi sono messa a rovistare i vinili del bookshop del museo, dischi rari di musica contemporanea ed esperimentazioni elettroniche. Trovai dopo un po’ un rarissimo disco la cui didascalia mi sorprese e aprì immediatamente un varco nella mia mente, come succede ogni tanto quando facciamo delle scoperte che arrivano improvvise e scoperchiano caselle nascoste che aspettavano di essere attivate. Il vinile in questione era “Music of five Elements” di Sam McClellan, del 1982. Lessi la didascalia, che recitava “This music was designed to be used as a kind of musical guided meditation for balancing the meridians….” e una nota di un professore del Hampshire College e di Jonathan Goldman, fondatore del NESH (New England Sound Healers). Lo pagai prima di capire cosa avevo tra le mani, e arrivata a casa, predisposi la puntina del lettore e ascoltai al buio sdraiata sul pavimento. Potrei giurare di aver sentito esattamente i quattro (cinque!) elementi muoversi lungo il mio corpo, con delle chiare visioni sinestetiche.

La bellezza un po’ poetica che si nasconde nel percepire non i suoni reali di acqua, fuoco, metallo, terra, ma “rappresentazioni” sonore di questi elementi. Linee melodiche che senza una ragione alla quale io abbia la capacità di accedere, mi si rappresentavano come stati della materia… Magia della musica direte voi, ma la mia mente ormai viaggiava nel intricato meccanismo di capire il perché. Così iniziai a fare un po’ di ricerca, e iniziai a scoprire un po’ di personaggi che nel tempo si sono entusiasmati nel capire di più su queste sinapsi musicali da un punto di vista diciamo artistico.

Così sono partita alla conoscenza di questi musicisti “sound healers”. Oh! Un mondo vasto si aprì davanti a me! Difficile districarsi però tra gonghisti, i Gong (che era un gruppo di sperimentazione avanguardista) gente che pratica Bhakti Yoga, campane tibetane, bagni sonori. E molto più difficile è stato nuotare nel mare della New Age trovando validi contributi musicali. Quel disco di Sam Clellan era interessante musicalmente!

Così ho cambiato la parola “sound” per “musica” e mi sono concentrata sui musicisti, compositori, insomma gente che ha studiato la musica per davvero! compositori e strumentisti che hanno lavorato su meditazione e musica cercando esattamente questo: non la registrazione della realtà sonora, ma la rappresentazione artistica della stessa, trovando modi nuovi, mondi sonori, sinestesie, appunto. E che hanno analizzato i rapporti tra deep listening, produzione, concentrazione, meditazione. Cercando quel flusso che porta a una connessione artistica profonda e che permette di creare dal vuoto… il tutto.

Per iniziare il viaggio tra questi compositori ovviamente sono partita dagli anni sessanta, riconfermando che notoriamente i Beatles con il loro viaggio a Rishikesh (India) e il loro soggiorno dal buon Maharishi Mahesh Yogi in mezzo alla giungla del Ganges e il parco delle tigri, hanno aperto una porta massiva verso l’Oriente e le pratiche yogiche indiane tra i giovani di allora impegnati nel fare un po’ di controcultura.

I ragazzi di Liverpool erano la punta del iceberg di un movimento che veniva già preparando il terreno da un po’ di tempo. Negli anni 50 quindi lo Yoga stava già cambiando l’opinione sulle pratiche religiose “altre” nel mondo occidentale. Insieme alla scoperta della psichedelia con personaggi come Timothy Leary con il suo “Turn on, tune in, drop out” grazie ai quali si scopriva la capacità di “sintonizzarsi” con mirate frequenze mentali, la scoperta occidentale dei chakra e il parallelismo neurologico tra i viaggi psichedelici e le meditazioni. E non a caso il termine “tune in” sintonizzarsi, parla di frequenza e riporta automaticamente alla musica. Gli studi di Neuromusic arriveranno tempo dopo, ma intanto molti musicisti ci sono arrivati attraverso percorsi creativi, e non parlo qui del movimento psichedelico (Mamas and the Papas, Jefferson Airplane, i Doors… ecc) ma di compositori che sono andati più in profondità nel cercare un parallelismo tra mente e musica, tra stati mentali e meditazione attraverso i suoni.

Così ho creato una playlist (un gioco NickHornbyniano) che ho chiamato “Meditation for musicians” è una playlist aperta, ovviamente potete collaborare, introdurre scoperte, autori, brani… Ma provatela, io ho fatto delle meditazioni potentissime!

Vi presenterò brevissimamente alcuni degli artisti che ho incluso nella mia playlist:

Alice Coltrane

Pianista meravigliosa. Ha cercato di infondere la sensibilità orientale nella musica di Occidente, il tutto in un ambiente jazz con contaminazioni sonore indiane come tambura o sitar. Ma anche con l’uso di canti, mantra. La musica è stata spesso utilizzata da Alice per trasportare il suo pubblico in stati di maggiore consapevolezza. Coltrane era una devota di Sathya Sai Baba. Nel 1972, si trasferì in California dove stabilì il Centro Vedanta nel 1975. Il suo jazz spirituale è sia una potente meditazione che una creazione musicale interessantissima.

Tony Scott

Lo conoscete sicuramente come uno dei migliori clarinettisti della storia del jazz. Ma tra gli anni settanta e ottanta iniziò una serie di esperimentazioni tra clarinetto e musica elettronica per poi negli ultimi anni dedicarsi alla ricerca del suono curativo con la sua “Healing Music” È un importante precursore dell’ascesa della musica New Age, ad esempio nel suo disco “Music for Yoga Meditation” il clarinetto di Scott si muove con il sitar su dieci tracce che tracciano l’ascesa dell’energia Kundalini attraverso i chakra.

Charlemagne Palestine

E’ stato l’enfant terrible del minimalismo newyorkese degli anni ’70, nel lignaggio di compositori come La Monte Young e Terry Riley. Nato e cresciuto a Brooklyn, Palestine ha cantato in sinagoga e finito come carillonneur nella chiesa episcopale di St. Thomas a Manhattan. Anche lui è passato dalla musica contemporanea, le esperimentazioni elettroniche, da California, New York, musica giavanese, Bali… ed Il suo album Four Manifestations on Six Elements del 1974 viene considerato il trentaquattresimo album ambient migliore di sempre secondo l’inattaccabile webzine musicale Pitchfork.

Steve Hillage

Chitarrista londinese cresciuto con il rock progressivo, alla fine degli anni settanta cominciò a giocare con delle esperimentazioni electro-spirituali. I lavori di Steve Hillage negli anni settanta ai quali ha collaborato la compagna Miquette Giraudy, coniugarono nei viaggi onirici della sua musica un alto livello di sperimentazione e complesse tecniche di produzione in studio.

Nell’era del punk, sicuramente è stato visto come un hippie, ma alla fine degli anni ’80 Teve Hillage sembra essere divenuto un punto fermo delle stanze chill-out. Hillage è stato un abile produttore di musica elettronica e ha collaborato con impensabili gruppi del periodo (come i Simple Minds). Vale la pena approfondire.

Henry Wolff e Nancy Hennings

Nel bel mezzo dei giorni d’oro del rock classico all’inizio degli anni ’70, Henry Wolff e Nancy Hennings decisero di rintanarsi nello studio della Island Records e fare un disco con solo campane tibetane. La particolarità dell’album Tibetan Bells, tuttavia, è che utilizza esclusivamente strumenti musicali acustici pur producendo suoni simili a quelli idealmente sintetizzati con strumenti elettronici.

Ascoltare il loro disco seduti su uno zafu è sinceramente un profondo viaggio interiore.

Pauline Oliveros

Oliveros ha scritto libri che formulano nuove teorie musicali, quali quelle di “Deep Listening” (ascolto profondo) e “sonic awareness” (consapevolezza sonora), che esplorano nuove modalità per concentrare l’attenzione sulla musica. E’ nata come fisarmonicista (USA) ed è diventata una figura chiave della musica d’avanguardia. Lavorò insieme al fisico Lester Ingberg con cui esplorò e teorizzò le modalità per migliorare il processo di attenzione applicato all’ascolto musicale.

La coscienza sonora è l’abilità di concentrare l’attenzione in modo cosciente e costante sulla musica e sui suoni ambientali. 

John Coltrane

Di John Coltrane sappiamo molto, e amiamo molto. Non ha creato un opera peratcolarmente meditativa (a mio avviso) ma ha saputo dialogare con gli dei, e ha creato “A Love Supreme”: un opera pervasa da un intenso misticismo

Alice raccontava a proposito della gestazione del disco:

Fu il risultato dell’introspezione e della meditazione. Dev’essere rimasto al piano di sopra per quattro o cinque giorni… E quando venne giù, fu come Mosè che scendeva dalla montagna. Che meraviglia, il dono che Dio gli aveva dato!

L’ascesi mistica di Coltrane era cominciata con la disintossicazione dall’eroina, sviluppandosi attraverso lo studio delle sacre scritture: partendo dall’originario alveo cristiano si dedicò alla conoscenza dell’Islam, della Cabala ebraica, dell’Induismo e del Buddhismo.

Brian Eno

E poi ovviamente Brian Eno e la nascita dell’ambient a metà degli anni ’70 dando vita a tutto un nuovo mondo sonoro. Con album come Discreet Music del 1975 e Music for Airports del 1978, Eno ha creato un modo di ascoltare- o non ascoltare – il suono.

E con Eno si aprì un filone molto ampio di musica meditativa, ambientale, new age, con contributi molto interessanti (alcuni meno, ma tant’è) a livello musicale ma anche di esperienze meditative legate al suono di cui cercherò di approfondire e condividere.

Proprio oggi mentre ultimavo questo articolo ho letto di una ricerca che assicura che i neuroni quando fanno sinapsi emettono dei toni precisi e quindi quando comunicano tra di loro, cantano…

e con questo non mi rimane che augurarvi un bel trip tra i meandri della vostra mente.

Ecco la playlist:

buon deep listening!

Un comentario

  1. absentha · noviembre 24, 2020

    Reblogueó esto en Paola Fernandez Dell'Erba.

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