E’ arrivato il Ritiro YogiSound di Primavera!

Tre giorni per ritrovare una connessione con te stess@ e la natura, per disintossicarti dalla vita cittadina, uscire un po’ dalla mente e comunicare attraverso il corpo e liberare la voce, ricevere la primavera e festeggiare la vita attraverso lo yoga, le passeggiate meditative, il canto e l’alimentazione genuina e naturale.

e poi…Hai mai praticato Yoga in una Yurta in mezzo alla natura?

L’ Agriturismo Arcobaleno si trova sulle colline del basso Monferrato tra boschi, prati e vigneti, in una piccola borgata chiamata Borgata Prato Rotondo e offre cucina tipica Piemontese, con Menù esclusivamente vegetariano! produzione propria e fattoria didattica, che altro si potrebbe chiedere?

dormiremo in delle bellissime camerate in legno, ma se qualcuno avesse bisogno di stare da solo c’è qualche possibilità

Ecco il programma:

venerdì 2 maggio

Arrivi

(dalle 16.00 in poi)

18.00

Pratica di Yogi Sound ( Hatha+Nada Yoga)

20.00 Cena

21.30 meditazione serale/Yoga Nidra

Sabato 3

8.00 Yoga

9.30 Colazione

11.00 passeggiata silenziosa in natura

13.00 Pranzo

17.00 Yoga

19.00 Pratica di canto in cerchio

20.30 Cena

22.00 Yoga Nidra (meditazione per il sonno) facoltativa

Domenica 4

8.00 Yoga

9.30 Colazione

11.00 Camminata silenziosa in natura

13.00 Pranzo

14.00 Canto in cerchio/condivisione

Partenze

per dettagli, prezzo e prenotazioni scrivetemi qui:

+39 3397202017

paoladellerba@hotmail.com

Ritiro YogiSound di Primavera! 2024

dal 19 al 21 aprile

Quest’anno ci coccoliamo a Il Borgo Zen!

Un centro olistico nel cuore della magnifica Val Taleggio, una piccola oasi di armonia e serenità, completamente immerso nel bosco in un parco di 10.000 mq, con sale funzionali alla pratica Yoga, Area Relax, e una cucina vegana/vegetariana da urlo! con prodotti della Valle a Km0

Il nostro Ritiro come sempre punterà sulla pratica di Hatha Yoga, le scale terapeutiche del Nada Yoga e il Voice Healing (con canti in cerchio)

ma non macheranno le passeggiate silenziose in natura, la condivisione, il relax, le danze…

insomma un rituale di primavera!

Ecco il programma:

venerdì 19 aprile

Arrivi

(dalle 14.00 in poi)

18.00

Pratica di Yogi Sound ( Hatha+Nada Yoga)

20.00 Cena

21.30 meditazione serale/Yoga Nidra

Sabato 20

8.00 Yoga

9.30 Colazione

11.00 passeggiata silenziosa in natura

12.30 Pranzo

16.30 Pratica di canto in cerchio

19.00 Yoga

20.30 Cena

22.00 Yoga Nidra (meditazione per il sonno) facoltativa

Domenica 21

8.00 Yoga

9.30 Colazione

11.00 Camminata silenziosa in natura

12.30 Pranzo

14.30 Canto in cerchio

Partenze

per dettagli, prezzo e prenotazioni scrivetemi qui:

+39 3397202017

paoladellerba@hotmail.com

o sulla pagina contatti di questo sito

Ritiro di Primavera!

dal 21 al 24 aprile 2023

«Disintossicarsi, entrare in contatto consapevole con il proprio corpo, osservare la mente, cantare ascoltando sé stessi e accordandosi con gli altri, e la cosa più profonda in assoluto: respirare insieme, meditanti, alberi, pietre…»

La Trappa*, un monastero misterioso perso nella natura del Biellese

Situata nell’Alta Valle Elvo, La Trappa deve il suo nome ai Monaci Trappisti i quali, nel periodo della Rivoluzione francese, vi si rifugiarono tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’ ‘800.

Dormiremo nelle stanze (oggi modernizzate) destinate ai monaci, mangeremo prodotti SlowFood del Territorio, e le nostre attività si svolgeranno nelle stanze già adibite e restaurate per accogliere la musica e la meditazione *

Programma

venerdì 21 aprile

arrivo

19.30 cena

21.00 Yoga Nidra

sabato 22

8.00 Yoga

9.30 Colazione

11.00 passeggiata silenziosa nella Natura

12.30 Pranzo

16.30 Pratica di canto in cerchio

18.30 Hatha+Nada Yoga

20.00 Cena

22.00 Yoga Nidra (meditazione per il sonno) facoltativa

Domenica 23

8.00 Yoga

9.30 colazione

11.00 passeggiata silenziosa

12.30 pranzo

16.30 pratica di canto in cerchio/canto di Mantra

18.30 Hatha+Nada Yoga (allineamento chakra con scale musicali indiane)

20.00 Cena

22.00 Yoga Nidra

Lunedì 24

8.00 Yoga

9.30 Colazione

Partenze libere o passeggiate…

Costo Totale (pensione completa e corsi): €300

(se qualcun@ vuole venire meno giorni, ne parliamo!)

info e prenotazioni: +39 3397202017

paolafernandezdellerba@yahoo.it

Sacred Concert#3

Ieri sera abbiamo concluso un anno di YogiSound con il concerto meditativo di Antonio Testa

E’ stato un viaggio intenso e magico

ci rivediamo a settembre con altre attività!

Namaste!

Paola

La via del canto

Avatar de absenthaYogiSound

Perché si canta?

Perché cantare è un bisogno istintivo?

Perché ci fa così bene?

Molte ricerche etnomusicologiche e antropologiche ci hanno lasciato pagine e pagine di scritti sulla relazione di molti popoli con la musica e soprattutto con il canto.

E’ evidente che ci si mette a cantare quando ci si sente bene, e ci si sente ancora meglio quando ci si mette a cantare.
Ci sono ambienti che “cantano” appena vengono sollecitati. 

Cantare rende più vivo l’ambiente circostante e grazie a questa sintonia si può facilmente diventare tutt’uno con esso. Cantare genera benessere, ci rende vigili, ci aiuta ad avere una migliore postura grazie ad una controazione energetica antigravitazionale della colonna vertebrale. E tutto questo genera ovviamente più presenza nel mondo reale.

La voce mette a nudo le emozioni, e soprattutto smonta le strategie di controllo che si esercitano inconsciamente per non fare vedere suddette emozioni, ad esempio, il…

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Siamo pront@ per il nostro ritiro di fine estate

YogiSound 

Retreat

Programma 

Venerdì 10

18.30 cerchio di apertura

19.00 YogiSound

20.30 Cena

22.00 Yoga Nidra (facoltativo)

Sabato 11

7:00 YogiSound

9.00 colazione

10.30 passeggiata silenziosa in natura

12.30 Pranzo

16.00 pratica di canto (Nada Yoga)

18.00 YogiSound (Yin Yoga)

19.30 Bagno di Gong

20.30 cena 

Domenica 12

7.00 YogiSound

8.30 Colazione

10.30 passeggiata in natura o trattamento Gong

13.00 Pranzo

partenze

Ascolto Sacro

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Il suono nasce dalla vibrazione di un corpo elastico nell’atto di sfregarsi contro un altra superficie. Queste vibrazioni producono una successione di compressioni ed espansioni delle molecole dell’aria o qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa. Si generano così delle onde sonore che arrivano alla membrana del nostro udito che le «traduce» trasformando i segnali in impulsi nervosi che vengono rielaborati dal cervello in suoni comprensibili.

Ascoltare quindi significa ricevere e tradurre quelle oscillazioni all’interno del nostro stesso corpo, cioè farle nostre e vibrare in simpatia. 

Nell’ascolto della musica (soprattutto dal vivo) noi stessi quindi diventiamo vibrazione, e propaghiamo ulteriormente questo arousal ad altri corpi. Cioè diventiamo parte della risonanza, la amplifichiamo. Attraverso l’aria.

Non è questo un fenomeno meraviglioso che ci ricorda che siamo una cosa sola con il pianeta, cioè con tutto quello che vibra e si trasforma, trasformandoci?

Viviamo in un’epoca dove manca un approccio ecologico al suono, una presa di consapevolezza dell’atto di ascoltare, siamo bombardati di rumore, di musica sintetica, fatta male, tutta uguale, e addirittura sempre digitale. C’è poco ascolto di musica acustica, dal vivo (oggi più che mai). 

Considero urgente una ri-educazione all’ascolto, ma non come interpretazione intellettuale degli stili, le epoche, la cosa culturale intorno ai gruppi o compositori di musica. Benché indispensabile per crearsi una base alla quale attingere per poter accedere ad un consumo un po’ più sofisticato di composizioni. Io sento l’esigenza di generare un’educazione all’ascolto puro, completo, totalizzante. Parlo di sentire le vibrazioni sulla pelle, nel cuore, nel corpo sottile.

Ascoltare e sentire anche i suoni del mondo, scoprire quanto sono musicali i giochi delle frasi vocaliche, gli uccelli di mattina in mezzo alla campagna, i grilli in una sera estiva, il respiro del mare, il vento tra le foglie in un pomeriggio di autunno… cioè leggere la realtà da un punto di ascolto musicale. Partecipare attivamente a questa sinfonia vitale alla quale siamo stati invitati.

Un ascolto che ci permetta di stare nel momento presente, per non perderci nulla di questo passaggio terreno, fare risuonare questo corpo che ci hanno prestato. Per vivere completamente, o per sbaragliare ciò che vita non era, come direbbe il caro Thoreau.

“Turiya” si chiama tra gli yogi quello “stadio di coscienza più sottile”, che supera lo stato di veglia, di sonno, e di sonno profondo. I tre stati della coscienza. Turiya sarebbe il quarto stato, cioè il silenzio che c’è tra un suono e un altro. Lo spazio «tra» un canto e l’altro.

E’ lo stato di trascendenza che segue alla produzione del suono, ed è profondamente estatico quando si è consapevoli di questo, soprattutto nel istante immediato alla fine di una meditazione sonora.

Io ritorno inevitabilmente alla nostra Alice Coltrane (pianista jazz che ha fondato in California il Centro Vedanta) per parlare del suo “Turiya e Ramakrishna”. Ascoltatelo e sentite il crescendo fino al minuto 4.16 dove entra un solo di basso (Ron Carter) che rimane sospeso, sostenuto dai tamburi e gli appoggi armonici del piano di Alice. Non ho una illustrazione migliore per la sensazione di Turiya. Secondo me qui hanno ricreato lo stato di trascendenza: 

Le pause in musica sembrano attrarre qualcosa verso di sè, come se il vuoto diventasse magnetico vero i suoni futuri e passati, un vortice irresistibile. E in quelle pause noi respiriamo lo spirito della musica e se ne siamo consapevoli, perché stiamo ascoltando attentamente, diventiamo tutt’uno con il cosmo. La pausa rappresenta la coscienza cosmica. Questa è Turiya. E’ in questo modo che gli stati di veglia, sogno e sonno profondo si fondono nell’Unità dell’Assoluto.

 Ascoltando musica strumentale dal vivo, il canto, i mantra, i Bhajans, i Kirtan, ma anche il vento, la pioggia, il canto degli uccelli in natura o addirittura il “suono del silenzio” quella vibrazione eterna, il sibilo dell’universo, ci immergiamo in uno stato meditativo profondo dove si perde la sensazione di separazione del corpo dal resto del mondo e si ha una piena e profonda consapevolezza.

In questo momento storico dobbiamo più che mai recuperare la sacralità dell’ascolto, dobbiamo rendere sacra la partecipazione ai concerti, recuperare la concentrazione totale, la compresenza nel rendere propria la vibrazione emessa da un altro corpo o strumento musicale. Dobbiamo recuperare la sensualità dell’ascolto. Dobbiamo rendere spirituale la musica. Non importa il genere, anche un concerto punk può diventare sacro, perché sacro è il rituale del donare la mia completa presenza nella condivisione e la ricezione di quella vibrazione sonora proposta durante la performance.

Perché sacro è il suono e l’inizio di tutto fu un verbo.

Respira!

L’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle, è stato caratterizzato da un disturbante senso di apnea, una malinconica pressione sottoglottica, come un brutto ricordo pneumatico del quale ancora non ce ne siamo liberati del tutto. Ricordo ancora il fortissimo parallelismo tra la frase che pronunciò George Floyd, l’uomo afroamericano che il 25 maggio del 2020 ha perso la vita a Minneapolis, negli Stati Uniti, dopo quasi 9 minuti di agonia (soffocato dalla pressione sul collo dal ginocchio di un poliziotto). “I can’t breathe”, non riesco a respirare. Queste sono state le sue ultime parole. L’episodio diede vita al movimento “black lives matter” e mise in evidenza la discriminazione e il terribile e assurdo razzismo che ancora sopravvivono nelle nostre società. E purtroppo nelle istituzioni.

“Non posso respirare” è una frase terribile. Ed è stato ancora più forte perché è arrivata nel momento in cui negli ospedali mancavano i respiratori per le persone affette dal Covid-19. La narrazione sul virus ci riportava al pericolo di respirare la stessa aria degli altri, e le mascherine ci toglievano la possibilità di prendere aria comodamente. 

Sconvolge questo collettivo senso di apnea e paura, perché respirare è tutto. Prendere aria significa essere qui. Ora. Il respiro, il soffio vitale ovvero il “prana” per gli yogi, il “ki” per i cinesi (che include il concetto di energia vitale e anche di spirito), è la forza che permette alla vita di esistere. Un ritmo dove, insieme alla sistole e la diastole, si gioca il nostro passaggio sulla Terra. Un ritmo costante, un battito, un eterno movimento. 

Questo ritmo è la fonte dell’energia che ci interconnette con il mondo e respirare la stessa aria di tutti gli altri esseri è quello che ci rende un Universo, un organismo che respira facendoci respirare.

Eppure spesso non ce ne accorgiamo neanche di respirare male, di trattenere l’aria, di creare costrizione nella nostra laringe e non riempire abbastanza i polmoni. La paura, l’ansia, lo stress ci portano a stare in apnea, e più smettiamo di respirare correttamente, più siamo fragili, in balia delle emozioni che ci investono senza che ce ne accorgiamo. Una boccata al momento giusto invece ci dà la possibilità di prendere distanza. Una boccata per non abboccare. Perché respirare porta ossigeno nuovo nel sangue.

Una chiave per una sana respirazione è una inspirazione lenta, costante, controllata e un espirazione ancora più costante, il più silenziosa possibile.

L’aria poi, è la componente che ci permette di parlare e cantare! La voce è aria sonora, il suono prodotto dalla nostra laringe è un fischio ed è personale ed inimitabile perché è il corpo di ognuno di noi a generarla, con la sua chimica e la misura delle sue cavità, delle sue corde, della sua gabbia toracica, e poi è, a sua volta, legata all’ambiente sonoro-culturale nel quale siamo cresciuti. Quindi un elemento unico, che non ha le stesse caratteristiche in nessun altro essere. Una meravigliosa magia dell’abitare un corpo umano.

Il respiro è qualcosa alla quale ci possiamo appigliare per meditare. E’ quasi impossibile controllare la nostra mente ma possiamo agganciarci all’atto respiratorio. E lo possiamo modulare, rallentare, contare, spezzettare, possiamo respirare da una narice e poi dall’altra, possiamo accelerarlo. Chiudere gli sfinteri e stare in apnea, insomma possiamo controllare la funzione vitale di maggiore importanza per il nostro organismo. E controllarla significa esserne consapevoli. E concentrati. Quindi non in balìa della «monkey mind»

Anche nella pratica yogica il focus principale è il respiro, perché lo yoga nasce come una pratica di purificazione, come un elisir di lunga vita tra gli asceti del Himalaya, o i tantrici del Kashmir. 

E tutto questo ha influenzato sicuramente anche il budhismo e le sue pratiche meditative.

Il lavoro sull’aria nelle pratiche yogiche si chiama “pranayama” e si tratta di esercizi mirati e strutturati che possono essere calmanti, attivanti, purificatori. Le respirazioni lente e profonde, è noto, hanno un ché di sedativo, è questo ha un effetto molto profondo sul nostro sistema nervoso ed endocrino. Il sangue risulta rinnovato, e quindi nutre in modo più efficace l’organismo, il cervello, i nervi spinali.

Le pratiche respiratorie possono anche essere delle vere e proprie tecniche per generare stati alterati di coscienza, un po’ psichedelichi, come la terapia olotropica di Stanislav Grof dove la respirazione porta a stati mentali alterati, una tecnica di autoesplorazione un po’ sciamanica per arrivare a prendere contatto con l’inconscio togliendo il velo delle illusioni coscienti.

Qualunque sia la pratica che scegli, è urgente concentrarsi su di essa, le respirazioni consapevoli hanno un risultato immediato e non costano più di alcuni momenti al giorno. Di contro la salute mentale e fisica ne trae tantissimo giovamento.

Quindi respira! lascia che il vento ti attraversi, diventa un flusso unico con l’ambiente, gioca all’interscambio fisico-chimico di molecole, sii consapevole di essere parte di un tutto cosmico. 

Fermati. 

Semplicemente stai in questo ciclo di morte e rinascita costante. 

Ora

Ora

Ora

Nel ritmo incessante della vita.

ps. Ti lascio un esercizio di respirazione molto semplice che puoi fare nei momenti alienanti della giornata o appena svegli@, o incluso prima di dormire la sera:

Respirazione quadrata:

Concentrati sul terzo occhio (un punto al centro della fronte)

Porta il tuo respiro ad essere calmo e profondo, usa la respirazione addominale

rilassa le spalle

prendi un tempo in quattro quarti per ognuna di queste fasi:

inspira

apnea

espira

apnea

e ricomincia

(fallo per 10 minuti)

Il potere del silenzio

Quando la pandemia ebbe inizio quasi un anno fa e abbiamo dovuto rimanere tutti a casa, ogni volta che mi affacciavo alla finestra per respirare un po’ di aria fresca, notavo qualcosa di rarefatto che mi affascinava. Qualcosa di assolutamente nuovo, unico e piacevole “è l’aria pulita” pensai, “è la luce che preannuncia la primavera” o forse erano gli odori delle cucine degli appartamenti del centro di Milano che lavoravano senza sosta per la prima volta notte e giorno. Ma no. Quella rarefazione della realtà che tanta pace mi dava era il silenzio. Non definito ma centellinato da altri suoni. Io credo che il silenzio assoluto non esiste, anche in una camera anecoica si sentono i fluidi del corpo e i battiti del cuore e chi l’ha provata racconta che il proprio battito diventa costante e sempre più presente, un’ esperienza simile al racconto di Poe sul cuore rivelatore. 

Il silenzio di una città può essere inquietante, in quarantena a volte sembrava l’atmosfera di un libro di Philip Dick “io sono vivo, voi siete morti”  o l’inizio dell’Eternauta di Oesterheld dove per la prima volta si sentiva Buenos Aires completamente silenziosa sotto quell’inquietante neve antartica. 

In natura invece è popolato da piccoli rumori di uccelli, rami, vento, animaletti che fuggono al sentire dei nostri passi, e poi c’è il nostro respiro, rumorosissimo in questi ambienti vellutati. Quindi il silenzio va scelto, assaggiato, gustato. (Un giorno mi piacerebbe diventare sommelier di silenzi).

Il suono della città era affascinante perché era smussato dei rumori delle macchine, dei tram, dei clacson e si era, per contro, popolato del tintinnare di stoviglie, voci di madri chiamando i bambini, conversazioni da sigarette condivise sul balcone, uccelli felici di non dover urlare, e le campane della chiesa che sono tornate ad avere la funzione di scandire le ore, l’andare avanti della giornata, suddivisa in una griglia di 24 suddivisioni sonore. La chiesa nuovamente custode della matematica che misura le nostre vite. Anche se amo il suono delle campane pensai che è strano, la spiritualità dovrebbe essere gassosa, io immagino lo spirito come un gas che si espande senza controllo e senza tempo, più Kairos che Kronos. Forse è quella la funzione di questa istituzione, un gas va contenuto in un recipiente per poter avere una forma. Senza involucro nessuno lo può possedere, nascondere, scambiare. Le religioni sarebbero una specie di fabbricanti di bombolette. E la loro moneta di scambio è il tempo inscatolato, scandito dalle campane. Con la promessa, quella sì, di un paradiso dove finalmente diventare gas, dispersione senza tempo e quindi eterno, felice, in pace.

Ma tornando al nostro discorso, il silenzio quindi è assolutamente relativo, quasi magico perché mutevole. Non è assoluto. C’è musica silenziosa ad esempio, piena di spazio, di respiri. Il silenzio a volte è solo un respiro tra una frase e l’altra, o a volte è una presa di consapevolezza, un satori come direbbero gli zen. Un fulmine di grazia. Una strada vuota appena accarezzata dal sole in inverno. Quei momenti dove non c’è pensiero. 

Ecco. Il silenzio forse è semplicemente assenza di pensiero. E questo potrebbe diventare un quesito filosofico per i napoletani che usano la frase “staje senza penziero!”  (che io trovo geniale) per dire stai calmo, non preoccuparti. Ma si può veramente stare senza pensieri? Sembra di no. 

Quello che si possiamo raggiungere però è l’abbassamento della quantità di pensiero.  

E’ tra uno e l’altro che poi accade la meditazione, appunto negli spazi di quiete. Il lavoro del meditante sta tutto nell’allungare questi spazi di poca attività mentale. Abbassando la frequenza del pensiero per creare equilibrio nel nostro sistema nervoso, perché più la frequenza è alta, più le sinapsi si muovono velocemente (in India chiamano la mente “Monkey mind” perché salta da una cosa all’altra così come le scimmie saltano da un ramo all’altro con fare un po’ pazzoide).

L’importanza delle onde cerebrali nei processi cognitivi  è diventata sempre più rilevante per le neuroscienze, confermando un po’ gli antichi testi vedici che empiricamente la avevano vista lunga.

O forse il silenzio è semplicemente essere sintonizzati con l’intorno? 

Le onde del cervello che sono perfettamente in vibrazione simpatica con la vibrazione esterna, sia essa musica, ambiente, luminosità.

Mario Brunello, violoncellista e compositore con una consapevolezza della sintonizzazione e la bellezza, scrisse infatti un piccolo libro in quattro movimenti strutturato come una sinfonia, che si chiama “Silenzio” dove affronta i tipi di silenzio e scrive “Un musicista, infatti, scandisce i suoi spazi di vita tra pause e note, suoni e assenza di suoni, movimenti e immobilità” 

Fare musica è giocare con il silenzio, è decorarlo, abitarlo e svuotarlo. Senza silenzio non può esistere la musica. Si e’ osservato che se il cervello e’ sottoposto a stimoli (musicali, luminosi, ecc) la sua naturale tendenza e’ quella di sintonizzarsi. Il principio della Risonanza Simpatica è usato nella terapia del suono per riempire ogni chakra con le vibrazioni sonore della frequenza propria. So che può sembrare complicato ma approfondiremo in un altro articolo. Quello che mi affascina è che abbassare le onde del cervello, abbassare proprio gli hertz (cicli al secondo) genera sensazione di silenzio. 

Due estati fa ho preso una tenda e uno zaino e me ne andai ad insegnare Yoga in una spiaggia di Monopoli. Ero fresca del mio training in India e cercavo di fare delle esperienze. Volevo passare dei giorni austeri e meditativi, avevo bisogno di quiete e natura. Così presi il necessario per poter dormire e mangiare, e mi stabilì nel campeggio vicino al mare. L’unico libro che portai con me era “Il silenzio è cosa viva” di Chandra Livia Candiani che scrive “non tutti i silenzi sono uguali (…) il silenzio non è tacere né mettere a tacere, è un invito, è stare in compagni di qualcosa di tenero e avvolgente, dove tutto è già stato detto. Il silenzio sorride”

E’ stato un fulmine. Il libro, lei, il silenzio. Quei giorni interi ad ascoltare solo il mare, ad osservare i granchi sugli scogli, a cucinare del riso sul fornello da campeggio, a conversare con le formiche che volevano a tutti i costi mangiarsi i miei tarallini e a fare yoga naturalmente, sono stati un bel ritiro e una interessante riflessione sullo spazio, la solitudine, il vuoto.   

Credo che sia essenziale trovare ogni giorno uno spazio di silenzio, mettere a tacere quella cocciuta macchina di fare che è la nostra testa, questa macchina un po’ lombarda che non sta mai con le “man in man”. Sedersi, cercare di trovare uno dei silenzi disponibili, il vento, il respiro, la natura, suonare uno strumento, usare la voce, scrivere o leggere poesia, per cantare o recitare mantra. So che sembra un ossimoro, ma credetemi, non lo è. Il silenzio è anche presenza. Presenza mentale.

Qualche giorno fa camminavo sulla spiaggia, nella riserva marina di Torre Guaceto, è inverno, è zona rossa, vale a dire che non ho incrociato neanche un solo essere umano nei dieci kilometri che ho camminato fino alla Torre. La sabbia intatta, come la schiena di un elefante disegnato, il cielo azzurro ma popolato di nuvolette rinascimentali, il mare verde, calmissimo a causa del vento del sud e un vento a raffiche di tantissimi nodi. Ho sentito il mio respiro fondersi con quest’aria in movimento, il rumore delle mie Dr. Martens sulla sabbia, lo scandire del tempo con un bastone che incastonavo a cada ritmico passo, i miei pensieri che uscivano fluidi, senza filtro, parlavo da sola ovviamente (è un esercizio che amo fare quando nessuno mi vede) e le illazioni mentali si snodavano come se fossero state oliate dal camminare. L’arrivo all’ultimo promontorio che somiglia ad un paesaggio scozzese e poi la Torre saracena, alta, beige, imponente sull’ultimo angolo di costa. Mi sedetti a cercare di sintonizzare un suono vocalico con il rumore esterno e così meditai, diventai silenzio io stessa, completamente fusa con il tutto intorno a me.

Così ho cominciato il 2021, ho svuotato la tazza. Ho abbracciato il nulla. 

Buon inizio dell’anno a tutti voi, vi auguro di diventare ogni tanto silenzio. Voi, insieme alle cose del mondo. 

E ora Shhhhh….